Kaukokaipuu’ è una parola finlandese: significa quel sentimento di mancanza, di nostalgia, di rimpianto, quel desiderio di essere in un luogo diverso, diverso da quello in cui siamo e in cui forse non saremo mai.

 

Di e con
Gemma Castelli Calderò, Laura Malinconico, Anaïs Bortolin, Noemi Bettelini, Gaia Poli, Alessandro Rota, Greta Locatelli, Matilde Jermini, Marwa Alhaj Mohammed Halabieh

Luci e suono
Nora Forni

Pianoforte: Gemma Castelli Calderò
Flauto: Gaia Poli
Violoncello: Matilde Jermini

Testi di
William Shakespeare, Franz Wedekind, Edward Albee, Louis Ferdinand Céline, Jean Cocteau, John Osborne

 

Lo spettacolo sarà presentato in Aula Magna alle classi Prime secondo il seguente programma:

  • Lunedì 14 giugno, dalle ore 13:30 alle ore 14:40 - classi 1A, 1B, 1C, 1G
  • Lunedì 14 giugno, dalle ore 15:40 alle ore 16:30 - classi 1D, 1J, 1L, 1N
  • Giovedì 17 giugno, dalle ore 10:50 alle ore 11:40 - classi 1E, 1F, 1H, 1M.

 

Note di regia

Il teatro è incontro di corpi, di voci e di fiato. È gruppo, assembramento, vicinanza. Fare teatro significa esporsi con le proprie fragilità, lasciarsi contagiare. Abbiamo dovuto inventarci un modo per fare teatro evitando il contatto, mantenendo le distanze, indossando una mascherina che copre in parte il volto e ostacola il libero flusso delle parole. Siamo partiti dagli occhi, dagli sguardi, dal desiderio di mantenere il contatto, di non perderci di vista.  E dalle parole di tanti personaggi dei quali ignoravamo tutto: nome, genere, età, provenienza. Tutto, eccetto quello che in un certo momento della loro esistenza, per noi misteriosa, hanno sentito il bisogno di dire.

Questo lavoro è iniziato leggendo più di cinquanta monologhi tratti da testi drammaturgici molto diversi, dalle tragedie antiche al teatro contemporaneo. Ma la prima regola è stata: è proibito cercare il testo integrale che ospita questo monologo, è proibito indagare sull'identità del personaggio a cui sono state messe in bocca queste parole. La seconda regola: ciascuno scelga tra questi testi quello che per qualche (per qualsiasi) ragione gli risuona familiare, quelle parole che in qualche (qualsiasi) modo gli appartengono.

Un’idea nata dalle contingenze, un’idea che potesse prendere forma, se necessario, evitando di incontrarsi sul palco. Un’idea che ci ha fatto inevitabilmente incontrare personaggi molto diversi tra loro, ma accomunati da una sensazione: la solitudine. E forse non è un caso che queste solitudini ci abbiano accompagnato in questo anno durante il quale abbiamo tutti sperimentato questa condizione che ci spinge inevitabilmente a guardarci dentro, a esplorare luoghi sconosciuti, guidati dallo ‘kaukokaipuu’, lo stimolo inesauribile a diventare quello che già siamo.

I personaggi hanno preso forma, vita, corpo e fiato sul palco, ma la loro nascita è stata accompganata da noi tutti: li abbiamo osservati e ascoltati, abbiamo dedicato loro tempo e cura, a volte abbiamo prestato i nostri corpi per costruire loro attorno ciò di cui avevano bisogno per essere.

E così abbiamo ritrovato il senso del fare teatro: il luogo dal quale si guarda, il luogo dell’incontro.